La FotoCosa del Giorno | Strana Storia di un’Icona Profana

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Lo scrittore cubano Orlando Lazlo Pardo racconta che ogni sera sua nonna era solita accendere una candela sotto ad un manifesto propagandistico rubato durante una parata militare a L’Avana.
Il tizio del manifesto, che in vita era stato un ateo inveterato, la guardava pensoso, mentre lei recitava le sue preghiere come se stesse venerando un santo: San Che.
Così lo chiamava la signora Pardo, tanto che il nipote Orlando, per gran parte della sua infanzia, era stato convinto che il cognome dell’idolo di sua nonna fosse Sanchez. Solo più tardi, a scuola, scoprì che il suo vero nome era Ernesto Guevara de la Serna detto Che Guevara.

La signora Pardo non amava affatto La Rivoluzione, ma era convinta che gli spiriti forti rifiutino ostinatamente di lasciare questo mondo. Lo scrittore non si dilunga oltre sulle ragioni profonde che spingevano la nonna a rivolgere le sue preghiere al simbolo di una cosa che non amava affatto, e a me, che vivo col convincimento che la coerenza sia sopravvalutata, va benissimo così.

Mettetevi comodi, perché state per leggere la storia di quella che è probabilmente la foto più famosa e riprodotta di tutti i tempi.

Il giorno precedente a quello dello scatto, il 4 Marzo del 1960, il mercantile Le Coubre, battente bandiera francese, era esploso nel porto de L’Avana causando un centinaio di vittime. Pare che dopo aver udito il boato dell’esplosione, Guevara (allora ministro dell’industria) si sia precipitato al porto e, con grande sprezzo del pericolo, abbia forzato i blocchi per salire sulla nave in fiamme e partecipare ai soccorsi.

Il presidentissimo Fidel attribuì prontamente l’incidente alla CIA e, nel corso della commemorazione che il giorno seguente portò migliaia di cubani in processione sul Malecòn, tenne un discorso incendiario usando per la prima volta il motto Patria o Muerte.

Su quel palco tra la 23a e la 15a strada de L’Avana, Castro era affiancato da alcuni notabili locali e simpatizzanti stranieri del regime. Attorno alle 11.20 anche Guevara si concesse una rapidissima apparizione.
Furono solo pochi secondi che il fotografo Alberto Korda, a dispetto del passato da fotografo di moda, seppe sfruttare da vero reporter d’assalto.

Clic clic. Due fotogrammi nel rullo di Korda catturarono la fugace apparizione del Che.

Non credo di risultare spocchioso e dissacrante, se dico che le due istantanee sono fotacce composte male, dato che anche il photo-editor di Revoluciòn rimandò al mittente i due scatti, preferendo pubblicare solo quelli che ritraevano Castro, Sartre e De Beavoir.

Quella che diventerà l’immagine iconica per antonomasia è il fotogramma 40 della Kodak Plus-X Pan usata da Korda quel 5 marzo del 1960: taglio orizzontale, Ernesto è colto tra il profilo dell’argentino Masetti e una palma.
Nel fotogramma successivo Korda si accorge degli elementi di disturbo e ruota la fotocamera in verticale, ma qualcuno pensa bene di passare dietro al Che proprio in quel momento.

La foto numero 40 (intitolata Guerrillero Heroico), adeguatamente ritagliata, verrà appesa nel soggiorno di Korda accanto ad un’immagine di Pablo Neruda e lì resterà, finché Giangiacomo Feltrinelli (l’editore italiano) non se la farà regalare e la userà per la copertina del libro Diario in Bolivia di Ernesto Guevara, edito nel 1968 dalla sua casa editrice, e per stampare i manifesti che inonderanno Milano dopo la morte del Che.

Diffusa prima nell’ambito della militanza di sinistra e poi in quello artistico, Guerrillero Heroico diventa negli anni la foto più celebre di sempre, riprodotta dovunque, su poster, gadget e magliette.
Alberto Korda non riceverà mai una lira, ma si è consola sostenendo che, anche se Feltrinelli non lo ha mai pagato per l’uso dell’immagine, la sua esagerata diffusione lo ha reso famoso in tutto il mondo.

Alberto Korda muore esattamente 9 anni fa, il 5 maggio del 2011, probabilmente non ricco, ma con l’invidiabile vanto di aver realizzato un’immagine che ha fatto la storia.

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Fotografo

Fotografo e videomaker, dal 2009 si divide tra fotografia di matrimonio e documentaria. Come documentarista ha pubblicato su National Geographic Italia, L'Espresso e riviste minori. Come matrimonialista ha avuto l’opportunità di lavorare in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera e Bermuda. http://www.francescorossifotografo.it/