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L’11 agosto del 1934, 137 prigionieri provenienti dal penitenziario di Leavenworth, in Kansas, vengono scortati da una sessantina di agenti federali nelle strutture che sorgono su un’isoletta nella baia di San Francisco. Questi 137 fortunati sono i primi ospiti Alcatraz, un ex carcere militare che viene trasformato in penitenziario di massima sicurezza per accogliere prigionieri problematici.
Nei 29 anni di esercizio della struttura, Alcatraz – luogo di detenzione per nomi illustri quali Al Capone e Robert Franklin Stroud (noto anche come the Birdman of Alcatraz, dall’omonimo film con Burt Lancaster) – si è guadagnato un posto d’onore nell’immaginario collettivo come una delle prigioni più sicure di sempre, infatti, su 14 tentativi di evasione complessivi, nessuno è mai andato a buon fine. I fuggiaschi più fortunati sono stati acciuffati prima di raggiungere la spiaggia, mentre gli altri sono affogati, sopraffatti dalle forti correnti che sempre tormentano quel tratto di mare.
La storia di Alcatraz come penitenziario inespugnabile finì nel 1963 a seguito di un banale calcolo costi benefici. Semplicemente il penitenziario più famoso della storia costava più del triplo di un normale carcere, e gli americani, popolo pragmatico per antonomasia, fecero una delle cose che sanno fare meglio: lo trasformarono in un museo.
L’occupazione dei nativi americani
Nel 1964 l’isola viene occupata per la prima volta dagli attivisti di United Indians of All Tribes, un gruppo composto per lo più da studenti che protestano contro le politiche governative per l’assimilazione dei nativi americani (della cui condizione abbiamo già parlato qui), spinti a lasciare le riserve per trasferirsi in città.
Il movimento giustificava l’occupazione con il Trattato di Fort Laramie, siglato nel 1868 da governo americano e Sioux, che sanciva la restituzione ai nativi di tutte le terre abbandonate.
Tra gli occupanti c’erano anche alcuni impiegati del Bureau of Indian Affairs, un’agenzia governativa che si occupa della gestione delle terre destinate ai nativi.
Una di loro era la fotografa amatoriale Doris Purdy.
Figlia di una sioux e curiosamente dotata dell’insolito tratto fenotipico degli occi blu, Doris produce una delle poche testimonianze del periodo dell’occupazione.
Le foto ritrovate
Alla fine del 2019 negli archivi del San Francisco Chronicle è stata ritrovata una cassa contenente negativi del fotografo Vince Maggiora, risalenti al periodo dell’occupazione.
Al tempo Maggiora aveva 20 anni e decisamente troppa poca voce in capitolo per rifiutare l’incarico, come avevano fatto tutti i suoi colleghi più anziani, stanchi di respirare i lacrimogeni della polizia.
Fu messo su una barca e spedito sull’isola.
L’occupazione di Alcatraz terminò definitivamente nel 1971 e le foto di Maggiora ne documentano gli ultimi due anni.
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