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Il 14 settembre 1960 viene fondata l’OPEC, Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, con dodici paesi associatisi per negoziare con le compagnie petrolifere gli aspetti relativi alla produzione e prezzo del petrolio.
Molti di voi si ricorderanno, all’inizio degli anni ’90, le immagini dei centinaia di pozzi petroliferi dati alle fiamme in Kuwait, il quinto paese produttore di petrolio al mondo, con il 10% delle riserve mondiali concentrate su una superficie simile a quella del Lazio.
Mccurry e il petrolio in fiamme
Nella prima Guerra del Golfo, infatti, Saddam Hussein ordinò l’accensione dei giacimenti petroliferi durante la ritirata dell’esercito iracheno, scatenando un inferno di fiamme nel deserto, in tutto il mondo da vari fotografi tra i quali anche Steve Mccurry (di cui abbiamo già parlato qui).
Più di 600 pozzi di petrolio erano in fiamme, trasformando il giorno in notte. Il fumo era così denso che a volte non si poteva respirare. Gli animali venivano lasciati vagare tra i campi petroliferi in fiamme, alla ricerca di cibo e acqua. Ho seguito questa famiglia di cammelli per circa un’ora nella mia jeep, scendendo di tanto in tanto per fare fotografie. Immagino che la mia motivazione fosse mostrare al mondo questa tragica, inutile catastrofe.
Steve Mccurry
Con questo lavoro Mccurry ha anche vinto il primo premio del World Press Photo 1992 (categoria General News, Stories) con una sequenza di 11 foto spettacolari quanto strazianti.
La cosa che più mi è rimasta impressa della guerra in Kuwait è stata la devastazione ambientale all’indomani del conflitto stesso. È stata un’esperienza davvero surreale. Con 600 giacimenti petroliferi in fiamme, il cielo di mezzogiorno era nero quasi come la notte. C’erano cadaveri di soldati morti in mezzo a macchinari distrutti e animali feriti e vaganti: era davvero una visione dell’inferno.
Steve Mccurry
Il fumo denso offuscava il sole così tanto che Mccurry ha dichiarato di essere spesso stato costretto a scattare con un’apertura di f 2.8 e 1/4 di secondo.
“Fotografare il disastro ecologico all’indomani della Guerra del Golfo è stata una delle esperienze più sorprendenti della mia vita professionale. Tutto il Kuwait sembrava lo scenario della fine del mondo di una produzione di Hollywood.” continua Mccurry.
Oltre alla guerra l’effetto è stato un disastro ecologico di dimensioni inimmaginabili.
Nello stesso periodo anche Sebastião Salgado si è occupato di quel che sta succedendo in questo angolo di mondo, con un lavoro di cui abbiamo già parlato qui: Kuwait. A desert on fire.