Per la gran parte dei nostri concittadini questa storia inizia mercoledì 3 giugno 2020, quando nella cronaca locale del Tirreno compare una foto scattata alcuni mesi prima. L’immagine ritrae i notabili grossetani riuniti sull’altare della Chiesa dei Bigi, per la cerimonia del taglio del nastro che inaugurerà il Museo Luzzetti.
La foto circolava sui social già da qualche giorno, quando era stata postata sul profilo Facebook del Polo Culturale Le Clarisse per celebrare l’imminente riapertura (gratuita) dei musei cittadini dopo lo stop imposto dall’epidemia di Covid-19.
Nella scena c’era però una nota stonata, un dettaglio quasi invisibile che solo i più attenti follower del Polo Culturale Le Clarisse non si sono lasciati sfuggire: una presenza evanescente in un angolo buio.
Così, sui gruppi locali di Facebook cominciano a circolare i primi screenshot con lo strano dettaglio ben evidenziato. Successivamente compariranno un video e un’altra immagine rubata dalle telecamere di sicurezza del Museo Luzzetti.
Il giorno seguente, la foto che ha scatenato il putiferio accompagna un articolo sul Tirreno con una lunga intervista al direttore di Clarisse, Mauro Papa, che racconta ciò che sta accadendo sui social, e così i grossetani scoprono che (forse) anche la Maremma ha il suo Mostro di Loch Ness.
Tutto sembra indicare che i locali dell’ex convento di Santa Chiara siano abitati da una presenza: una figura vestita da monaca che si aggira tra le opere della Collezione Luzzetti. La notizia è bizzarra, ma non nuova, infatti già da anni si sussurravano a mezza voce strane storie al riguardo.
Alle 18.00 del 3 giugno, sui canali di Clarisse compare un video della serie 2MinutesArt che finalmente svela il mistero. O forse no…
Rispetto al format classico della serie, stavolta, il direttore Mauro Papa è assieme a tale Sir Patrick Gustav Röhl, membro della Parapsycological Association e della Society for Psychical Research.
Röhl, parapsicologo esperto di fotografia medianica e metafonia, spiega di essere riuscito a catturare alcune immagini della misteriosa presenza di Clarisse e, soprattutto, di averne registrato la voce.
Dai nastri del dottor Röhl emergerebbe che la misteriosa figura è la manifestazione immateriale di Francesca Ariosti, ultima badessa del Convento di Santa Chiara (edificio che oggi ospita il Polo Culturale Le Clarisse e il Museo Luzzetti). Ma non solo, il racconto che la presunta badessa fa di sé e dell’antico monastero è talmente accurato che il direttore di Clarisse decide di trascriverlo ed usarlo per guidare i visitatori alla scoperta delle opere della Collezione Luzzetti e del convento.
Anche Grosseto ha finalmente la sua Nessie.
La vera storia della Badessa
Proprio come Nessie, inventato per vendetta da un cacciatore, la Badessa di Santa Chiara è una creatura fantastica, inventata di sana pianta dallo staff di Clarisse/Clan, come parte di un’iniziativa per la riapertura in sicurezza (a causa dell’epidemia) del Museo Luzzetti.
Con la necessità di limitare il numero di visitatori presenti contemporaneamente nel museo, e nell’impossibilità di effettuare visite guidate, ci siamo trovati nella scomoda circostanza di dover creare un sistema per rendere comunque fruibile la Collezione Luzzetti, ma il tempo era poco e non avevamo grandi mezzi.
La prima idea è stata di sfruttare l’impianto di filodiffusione della struttura e creare un’audioguida che accompagnasse le visite di piccoli gruppi di persone, nel rispetto del distanziamento sociale.
Ma non ci siamo accontentati, abbiamo voluto preparare qualcosa che non si limitasse a raccontare le opere, ma che descrivesse anche la storia del convento. Inoltre volevamo provare a far avvicinare alla Collezione Luzzetti anche fasce di utenti che normalmente non sono interessate all’arte, offrendo un’esperienza insolita.
Francesca Ariosti, il Fantasma delle Clarisse
La soluzione che rispondeva a tutte queste esigenze era un fantasma. Prima di tutto perché solo un fantasma avrebbe potuto assistere alla pluricentenaria storia del monastero, raccontando le vicende che l’hanno caratterizzata e parlando delle opere donate recentemente dal collezionista Gianfranco Luzzetti.
In secondo luogo, l’esperienza di essere guidati nell’antico convento dalla voce della sua ultima badessa ci sembrava intrigante e, last but not the least, avremmo potuto fare una campagna di comunicazione fantastica. Non solo, per i nostri visitatori la stessa campagna di comunicazione sarebbe stata parte integrante dell’esperienza: una visita al museo che inizia già da casa.
E’ così che è nata la nostra Francesca Ariosti, personaggio semi-reale, il cui nome compariva negli antichi registri del monastero di Santa Chiara e della quale, in effetti, nessuno sapeva molto.
La stesura del testo dell’audioguida è cominciata parallelamente alla creazione del personaggio. Abbiamo cercato di coniugare il carattere e la storia (inventata) di Francesca con gli scopi dell’audioguida, creando un contenuto che fosse a metà tra l’intrattenimento e la divulgazione culturale. Con la data della riapertura che si avvicinava inesorabilmente, in due giorni abbiamo tracciato il profilo dell’Ultima Badessa e preparato i contenuti dell’audioguida. Un lavoro a 16 mani conclusosi con l’aiuto dell’attrice Sara Donzelli, che ha accettato di prestare la voce alla nostra Francesca.
Creare una Fake News
Come stiamo imparando in questi anni, se vuoi diffondere una storia falsa devi per prima cosa renderla verosimile, e il modo migliore per farlo è unire notizie vere con cose inventate. Così abbiamo preso un nome su un registro, una famiglia nobile, un pizzico di sane credenze popolari, tanti fatti storici e abbiamo mescolato tutto insieme. Mancava solo il passa parola, ma nell’era dei social network, lo sappiamo, innescarlo non è poi così difficile.
Una volta delineato il profilo di Francesca avevamo bisogno di darle un volto. Ci siamo serviti della nostra Giada che, in una torrida giornata di fine Maggio, ha deciso di coprirsi con pesanti teli di velluto nero per interpretare La Badessa. Esperienza che non crediamo accetterà mai di ripetere in futuro.
Per dare credibilità alla forma immateriale abbiamo sovrapposto molti scatti e aggiunto un bel po’ di movimento, grana e altri difetti all’immagine, come si conviene per ogni buona foto che pretenda di ritrarre un fenomeno soprannaturale.
Nonostante questi accorgimenti il risultato continuava a sembrarci un pò troppo precisino e quindi inadatto ai social network. Così abbiamo deciso di lavorare all’antica, senza effetti speciali, riprendendo lo schermo delle camere di videosorveglianza e facendo passeggiare Giada per il museo. Senza ricorrere a Photoshop abbiamo ottenuto proprio quello che cercavamo.
Notevole, a nostro parere, è anche il video con i globuli luminosi che svolazzano in chiesa, anche quello totalmente privo di effetti speciali, se non un cuscino polveroso sventolato sotto alla camera agli infrarossi.
A questo punto ci mancavano solo l’esca e una pianificazione adeguata per l’uscita del materiale.
Per cominciare abbiamo deciso di sfruttare una vecchia foto dell’inaugurazione del museo, postandola col pretesto della riapertura ed inserendo la nostra Francesca in un angolo buio. Un complice non riconducibile a noi avrebbe fatto notare il dettaglio quasi invisibile e poi l’I Want to Believe che si annida tra i pensieri di ognuno di noi avrebbe fatto il resto, e così è stato.
Sir Patrick Gustav Röhl, OBE
Mancava solo la degna conclusione, dovevamo svelare il mistero e annunciare l’iniziativa dell’audioguida.
Quando ti troverai di fronte un fantasma chi chiamerai? (semicit.)
Noi ci siamo rivolti al dottor Röhl, eminente parapsicologo d’oltremanica che, come Nessie e Francesca, è ovviamente un personaggio inventato, magistralmente interpretato dal multiforme Massimo Dolce.
Abbiamo deciso di concludere il nostro divertissement con un video grottesco, che stemperasse quell’alone cupo che sempre evocano le storie di fantasmi.
L’abbiamo fatto ispirandoci a ciò che ci accade intorno ogni giorno, e come fa ogni pseudo-scienziato che si rispetti, abbiamo lasciato che Sir Patrick Gustav Röhl si riempisse la bocca con nozioni sbagliate di meccanica quantistica, mescolate alle solite sane credenze popolari.
Il nostro gancio all’audioguida è stata la tecnica pseudo-scientifica della metafonia, i cui praticanti, con l’ausilio di vecchi apparecchi radio, sostengono di riuscire a captare e registrare le voci dei defunti.
Questa è la vera-finta storia di Francesca Ariosti, ultima badessa, monaca madre e maestra del Convento di Santa Chiara.
Speriamo che il nostro dietro le quinte vi torni in mente la prossima volta che qualcuno vi racconterà una storia incredibile vendendovela per vera. D’altra parte questa è la ricetta che sta alla base di tutte le leggende degne di questo nome. E chissà che, nel suo piccolo, anche la nostra Badessa – come il più celebre Nessie – non riesca a sopravvivere all’inganno svelato dai suoi creatori.