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Un incontro agrodolce
Elegante, dignitosa, timida: questi sono le parole spesso usate da chi ha avuto l’opportunità di conoscere Martine Franck, e che oggi la ricorderà nell’anniversario della sua nascita, il 2 aprile 1938.
Le sue foto, spesso con elementi geometrici, curve e linee, ricercano la bellezza dell’anima umana e della profondità dei cuori e delle menti, condensando tutto in un istante.
Una grande fotografa che ebbe la (s)fortuna di conoscere, nel 1966, Henri Cartier-Bresson, che aveva trent’anni più di lei, e che sposerà quattro anni più tardi, rimanendo con lui fino alla sua morte.
Perché fortuna/sfortuna? Il loro è stato un matrimonio felice in verità: “Mio padre mi ha detto che stavo correndo un grosso rischio. Sono stata molto contenta, Henri mi ha sempre incoraggiato a lavorare. […] Non mi ha mai messo da parte. Grazie a lui ho incontrato molte persone“.
Tuttavia, la vita di una fotografa accanto al cosiddetto “occhio del secolo” non deve essere stata facile, e Martine non ha mai negato il disagio dell’ingombrante nome di Bresson, dicendo anche di aver messo la carriera di suo marito davanti alla sua.
Un esempio di questo contrasto è quello del 1970, quando l’Institute of Contemporary Arts di Londra progettò la prima mostra personale di Martine e lei annullò tutto quando vide che, tra gli inviti, c’era anche il nome di suo marito.
Una vita di foto
“La fotografia è apparsa in modo casuale nella mia vita. Ho ottenuto un visto per la Cina e mio cugino mi ha prestato una Leica che mi ha detto che sono stato fortunato e che ho dovuto riportare le foto“, ha raccontato Martine in un’intervista del 2007.
Agli inizi degli anni ’60 parte da Parigi e, durante un viaggio in Estremo Oriente, inizia a fotografare “sul serio” affascinata dallo splendore di civiltà come Cina, Giappone, India, Cambogia, Nepal, Pakistan, Afghanistan e Iran.
Una volta tornata in Francia, lavora per Time-Life dove “incontra veramente la fotografia” e, dopo aver fatto per un po’ l’assistente, diventa una fotografa indipendente.
Nella sua carriera ha lavorato con le più prestigiose riviste, le sue copertine e i suoi ritratti di artisti e scrittori sono stati pubblicati su Life, The New York Times e Vogue.
Nel 1983 diventa membro effettivo dell’agenzia Magnum e inizia un lavoro su larga scala sui diritti delle donne. Il suo lavoro si fa sempre più impegnato socialmente, molte sue opere sono a sostegno di progetti umanitari e vanno a toccare persone sole, povere, malate, escluse: “Il mio desiderio principale è presentare immagini che creino riflessione“.
A tal proposito nel suo libro Le Temps de Vieillir, scrive: “Non è possibile fotografare tutto. Ci sono momenti in cui la sofferenza o il decadimento umano ti toccano così tanto che devi smettere. Altre situazioni, interessanti in termini di sociologia, visivamente non diranno nulla. La fotografia mostra più di quello che dimostra, non spiega le ragioni delle cose“.
Anni prima che Bresson morisse, decisero insieme di mettere su la Fondazione Henry Cartier-Bresson, di cui lei stessa sarà la presidente dal 2004.
A Martine nel 2010 fu diagnosticata una leucemia, e morì a Parigi due anni più tardi, a 74 anni, lasciando il segno unico di una grande fotografa.
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