#LiberArtiCLAN | Parliamo di Censura
La censura, nell’arte e nella cultura, ci dice molto sulle società che l’hanno imposta, perché ci parla delle loro fobie.
E la paura, lo vediamo oggi più che mai, è l’inchiostro con cui si scrive la storia.
Ogni settimana vi raccontiamo una storia di censura, perché non dobbiamo dimenticare che le nostre libertà – in primis quella di espressione – sono tutt’altro che scontate.
Quando l’artista Clara Tice mostrò per la prima volta i suoi nudi, che descrivevano la sinuosità e il lirismo della forma umana, non si aspettava di farsi dei nemici. Alcuni membri della comunità bohémien del Greenwich Village di New York, avevano organizzato, nel marzo del 1915, una mostra del suo lavoro al ristorante Polly, presentando la giovane artista come una rivelazione.
Durante la serata inaugurale le opere attirarono l’attenzione di Antony Comstock, il capo della Society for the Suppression of Vice, un gruppo agguerrito e moralizzatore sostenuto dall’YMCA, che aveva lo scopo di sradicare ogni libro, opuscolo, immagine e pubblicazione oscena da New York, per una battaglia di riforma morale. Sotto la forte pressione di questa parte della società, la polizia irruppe alla mostra a sorpresa, cercando di confiscare i disegni giudicati “indecenti”.
Fortunatamente, gli amici dell’artista, a conoscenza della crociata moralista, avevano rimosso gran parte delle opere solo un’ora prima che Comstock potesse strapparle via dai muri e aggiungerle alla sua “collezione d’arte perversa”. Il giorno dopo, l’audace lavoro di Tice, divenne l’argomento più discusso di tutta Manhattan e le foto dell’artista e dei suoi disegni furono pubblicate su riviste come Vanity Fair, Rogue, The Blind Man e Cartoons.
La censura mise in evidenza la sofisticata e innovativa arte di Clara Tice che ebbe così l’opportunità di partecipare a mostre personali e lavorare a numerosi progetti artistici, svolgendo un ruolo importante e centrale nella colorata scena artistica del Greenwich Village.
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